Data di pubblicazione:12 novembre 2023

Le ragioni dello sciopero del 17 novembre: basta elemosine!


Il 17 novembre inizia per la CGIL una seconda fasi di mobilitazione.

 

La CGIL, insieme alla UIL, ha proclamato uno sciopero generale articolandolo per territori e in alcuni casi (per rispettare la legge 146) per categorie: il 17 novembre, infatti, sciopereranno lavoratrici e lavoratori del comparto della Conoscenza (Scuola, statale e non statale, università, alta formazione professionale e ricerca), insieme al personale del pubblico impiego.

 Non giriamoci troppo intorno: questo sciopero è un atto dovuto e necessario di fronte alle mancanze di questo governo, alla sua inaffidabilità, alla sua indisponibilità al confronto.

 Negli scorsi mesi abbiamo fatto assemblee e manifestazioni, abbiamo ascoltato il personale della Conoscenza, abbiamo chiesto incontri al Governo ed ai Ministeri, rivendicando:

-   un piano strutturale per il reclutamento che valorizzi i precari ed i giovani

-    una maggiore flessibilità in uscita dal mondo del lavoro, senza penalizzazioni

-   un adeguato ristoro salariale, a fronte della continua perdita di potere d’acquisto degli stipendi dei dipendenti pubblici.

Le nostre richieste non hanno avuto risposte.

Non hanno avuto risposte i precari, anzi il Governo prevede ulteriori tagli alle sedi scolastiche, e quindi all’organico, con buona pace della lotta alla dispersione scolastica.

Non hanno avuto risposte i pensionati, anzi il Governo prevede delle nuove aliquote pensionistiche con una perdita del 20% dell’attuale valore delle pensioni.

Non hanno avuto risposte milioni di lavoratori che chiedono stipendi dignitosi: anziché pensare con la Legge di Bilancio a reperire le risorse per rafforzare il potere d’acquisto degli stipendi del pubblico impiego (l’inflazione per il triennio 2022/24 è calcolata al 18%, in Legge di Bilancio si prevedono aumenti per il 5,8%, con una perdita media di circa 300 euro per lavoratore), il Governo unilateralmente e demagogicamente definisce per decreto un anticipo dell’Indennità di Vacanza Contrattuale per il solo personale di ruolo di circa 900 euro lordi medi.

 Questo Governo, il suo esecutivo, continua ad umiliare ed offendere il lavoro pubblico, proseguendo una chiara politica di impoverimento dei servizi pubblici essenziali (l’istruzione, la ricerca, la sanità …) per consegnarli nelle mani dei privati.

Sciopereremo per ribadire la nostra contrarietà allo smantellamento del sistema della Conoscenza pubblica e democratica come sancita dalla Costituzione.

E sciopereremo anche al fianco degli studenti e delle studentesse a cui si sta negando l’accesso universale al diritto allo studio universitario: la frequenza delle università è diventata un lusso che possono permettersi in pochi. Come sempre, la selezione del merito (concetto degno di un governo povero di idee) è fatta sul censo.

Sciopereremo perché sia garantito il diritto di tutte le studentesse e di tutti gli studenti ad un’istruzione ed una formazione adeguata ad ogni latitudine o longitudine, ovunque siano nati ed ovunque abbiano scelto di vivere: la Conoscenza è un bene universale che non può dipendere da politiche a geografia variabile, come vorrebbe il disegno di legge sull’autonomia differenziata.

La Conoscenza ha bisogno di investimenti strutturali, certi, che possano permettere una programmazione a lungo respiro su organici, ampliamento dell’offerta formativa contro la dispersione scolastica e per il diritto allo studio ed al lavoro di tutte e tutti, non soltanto di pochi.

La Conoscenza è l’unico strumento determinante per una reale uguaglianza civile e sociale, non può essere un titolo di uno spot propagandistico.

La FLC CGIL Lombardia invita tutte le lavoratrici ed i lavoratori dei settori della Conoscenza, pubblici e privati, dalle Scuola, all’Università, agli Enti di Ricerca, agli Enti di Formazione, ai Conservatori ed alle Accademie, a scioperare il 17 novembre dalle ore 10,00: porteremo la nostra protesta davanti al Palazzo della Regione Lombardia a Milano.

Non finisce qui, perché non ci fermeremo finché non saremo ascoltati.